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发表于2024-11-15
Il momento anticipato pdf epub mobi txt 电子书 下载 2024
«A causa della sua pesantezza e della scarsa luminosità delle sue lenti, che certo non consentono di raggelare il movimento come quelle del 35 mm, il banco ottico impone un sostanziale rallentamento dell’atto del fotografare, che si trasforma in una sorta di rituale religioso fatto di gesti misurati e invariabili. Il celebre «momento decisivo» della fotografia istantanea, individuato nel gesto rapidissimo in cui preme il pulsante di scatto, diventa quello in cui si decide il punto esatto in cui appoggiare il cavalletto. È per questo che Misrach parla di un «momento anticipato» per il grande formato, poiché una volta compiuta questa operazione e stabilita l’inquadratura, non si deve far altro che contemplare lo scenario verso cui è puntato l’obiettivo e attendere per minuti, ore, o forse invano che il flusso della vita o le condizioni luminose lo rendano teatro di un evento speciale. La luce diviene una benedizione. Fotografare una profezia».
Questo passo tratto da “Il momento anticipato”, opera d’esordio del giovanissimo storico della fotografia Francesco Zanot, ne contiene in nuce il tema centrale: tracciare una storia della fotografia americana a colori di grande formato – e in particolare dell’opera dei suoi due principali artefici, Joel Meyerowitz e Richard Misrach – partendo da una comprensione delle sue radici, delle sue peculiarità e motivazioni. Al tempo stesso, il passo ben esprime il metodo e lo stile con cui l’autore ha affrontato l’argomento: preparazione sulla storia e la tecnica della fotografia, volta tuttavia alla ricerca del senso profondo che la muove intrecciandola con la poetica dei suoi protagonisti, e capacità di conferire alla narrazione inattesi accenti lirici, che mai vanno ad inficiare la precisione delle argomentazioni.
Il libro nasce dalla tesi di laurea di Zanot, e ciò è chiaro dalla sua stessa impostazione, che prevede un’ampia introduzione storica a precedere le approfondite ricognizioni sulle parabole artistiche di Meyerowitz e Misrach. Ce ne fossero, vien da dire in tempi in cui, sempre più spesso, la storiografia pare considerata un poco utile orpello. Zanot, con dovizia di particolari e ricchezza aneddotica, ma mai con pedanteria, ripercorre prima la storia del colore in fotografia e la sua capacità di acquistare forma simbolica, poi le vicende di quest’arte nell’Est e nell’Ovest degli Stati Uniti, dando conto delle profonde distinzioni che le rendono di fatto due storie quasi indipendenti. Interessante, poi, è l’incursione in un argomento tanto importante quanto delicato: il rapporto tra ebraismo e fotografia. Zanot non omette il fatto che grandissima parte dei più influenti fotografi americani del Novecento (compresi i due succitati) hanno infatti origini ebraiche. È evidente come tale materia possa prestarsi a strumentalizzazioni d’ogni tipo, e di fatto Zanot è assai prudente anche nell’azzardare in proposito qualche interpretazione del fenomeno; tuttavia, egli riporta dati di fatto sui quali, al di là di timori e ipocrisie, è più che opportuno riflettere.
Il secondo e il terzo capitolo, come detto, sviluppano su queste premesse un’acuta analisi del percorso creativo dell’opera dei due artisti, uno di New York, l’altro di Los Angeles.
Joel Meyerowitz comincia nel 1962 dall’esperienza tipicamente newyorchese della “street photography” – cosa ben diversa dal reportage – dando forma al caotico teatro dell’umanità metropolitana, per poi arrivare, nel 1976 – anno cruciale per la fotografia a colori, grazie alle mostre al MoMA di Eggleston e Shore – ai paesaggi sulla riva dell’oceano di Cape Cod, raccolti nel volume Cape light e vera pietra miliare della fotografia del Novecento. Dopo di allora, si trasformò anche il suo rapporto con la città dando vita alle celebri vedute contemplative di S. Louis e Atlanta, S. Pietroburgo e la stessa NYC.
Richard Misrach, dopo le prime esperienze, compie il suo percorso raccogliendo l’eredità fotografica dell’Ovest come idea di frontiera e, superando la visione elegiaca di alcuni suoi grandi predecessori, vi innesta la poetica del sublime e la consapevolezza politica dei recenti colpevoli e irreparabili disastri, per approdare a una potente estetizzazione dei crinali in cui la bellezza confina con l’orrore. I suoi Desert Cantos sono una imponente e non finita costruzione, ispirata alla grande poesia di Dante ed Ezra Pound, in cui il deserto si trasforma in una complessa metafora, sviscerata in queste righe nella sua interezza.
Un libro a nostro avviso notevole, godibile e ben scritto, ricchissimo di note e riferimenti bibliografici, frutto anche della frequentazione diretta che l’autore ha avuto dei due artisti.
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